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“Il fisco sulle imprese pratesi è al 60,4%. Si lavora fino all’8 di agosto solo per pagare le tasse”. Indagine CNA

Claudio Bettazzi, presidente CNA Prato e Cinzia Grassi, Direttore CNA
Claudio Bettazzi, presidente CNA Prato e Cinzia Grassi, Direttore CNA

L’INDAGINE NAZIONALE

Un fisco troppo pesante e vorace continua ad accanirsi sulle piccole e medie  imprese nazionali e pratesi.  A confermarlo anche per il 2015 è l’ultima indagine dell’Osservatorio fiscale  CNA che ha analizzato i dati contabili di un’impresa tipo* di 113 Comuni capoluoghi di provincia e regione, dimostrando come, nel 2015,   il peso complessivo del fisco locale, regionale e nazionale (Total Tax Rate) sulle piccole imprese e sugli artigiani, arriverà alla quota media italiana di 62,2 %  

Se è vero che, rispetto al 2014,  si registra un flebile segnale di positività  –  il Total Tax Rate è calato di 1,7% passando dal 63,9% al 62,2% –   “la cautela è d’obbligo soprattutto a livello provinciale – sottolinea il Presidente di Cna Prato, Claudio Bettazzi –  visto che questo lieve miglioramento potrebbe essere azzerato dalle decisioni che prenderanno i Comuni nei prossimi mesi. 

Se i sindaci decidessero infatti di compensare i tagli, già stabiliti, dei trasferimenti dello Stato centrale, rimettendo mano ai tributi locali, potrebbero vanificare interamente il beneficio fiscale indotto dal taglio dell’Irap.

Del resto, il minimo passo avanti  del 2015 è legato all’abolizione della componente lavoro dell’Irap e il beneficio poteva essere ben più corposo, se non fosse stato dimezzato dal maggior prelievo dell’Irpef e dei contributi previdenziali degli imprenditori (IVS)”.

IL PESO FISCALE SULLE IMPRESE DI  PRATO

Nella nuova classifica del Rapporto elaborato dell’Osservatorio CNA sulla tassazione della piccola impresa,  Prato si attesta al 74° posto su 113 province italiane analizzate per “Total Tax Rate”, con una pressione fiscale totale che ha ormai raggiunto il 60,4%.

Sul fronte regionale, il distretto pratese  si colloca ai  piani alti di una classifica delle province toscane che annovera Firenze come città più tartassata (70,9% e 5° posto in Italia), ed Arezzo, ultima in classifica con il 56,3% di peso fiscale.

Non solo. Analizzando il Tax Free Day – ovvero il giorno dell’anno in cui le imprese terminano di lavorare per assolvere gli oneri fiscali – si scopre che a Prato la data fatidica è l’8 di agosto di ogni anno, anche qui a metà di una classifica regionale così articolata: Firenze (25 settembre), Grosseto (21 agosto), Livorno (12 agosto); Prato (8 agosto); Pistoia e Carrara (4 agosto);  Siena (3 agosto);  Massa (1° agosto); Arezzo (24 luglio).

Infine, a fronte di un reddito medio di impresa del campione esaminato  pari a 50.000 euro l’anno, l’indagine ha anche quantificato quanto resta in tasca agli imprenditori pratesi dopo aver pagato tutto il dovuto; ossia 19.777 euro, contro i 21.838 di Arezzo (città meno aggredita dal fisco), e i 14.544 euro di Firenze (città con la peggiore performance).

LE PROPOSTE

“Simili dati  fanno tremare i polsi – commenta Bettazzi –  e viene da chiedersi come sia possibile anche solo chiedere alle imprese locali  di rialzare la testa, con un tale macigno sulle spalle. Del resto, nello “scaricabarile” istituzionale tra  tassazione nazionale e locale, ciò che sfugge è che ai contribuenti non importa sapere a chi vanno le risorse del prelievo fiscale, ma conoscere con chiarezza l’entità del prelievo e riconoscerne l’equità. Detto questo, ora le imprese non possono più attendere. Bisogna accelerare le riduzioni, che sono troppo lente e limitate, e mettere mano ad alcune imposizioni che risultano particolarmente penalizzanti perchè frenano la crescita, come nel caso dell’Imu sui fabbricati produttivi e della tassa sui rifiuti.

E’ ormai insostenibile che, a causa dell’infelice attuazione del federalismo fiscale, non si sia prodotto l’atteso efficientamento della spesa, ma, al contrario, si sia determinata la crescita della tassazione locale. Abbiamo subito l’ingiustificata impennata della tassazione sugli immobili produttivi a seguito dell’introduzione dell’Imu, della Tasi e delle nuove imposizioni sui rifiuti: è inconcepibile equiparare capannoni, negozi e laboratori alle case di lusso.

E’ evidente che quando un imprenditore decide di fare un investimento su capannoni e laboratori, è costretto a domandarsi:  mi conviene? Ma quanto mi costerà di nuove tasse? E spesso preferisce cambiare idea.Ecco perchè ci battiamo da tempo a tutti i tavoli per ottenere provvedimenti che  riducano del 50% l’Imu sugli immobili strumentali delle aziende, rendano l’Imu completamente deducibile dal reddito d’impresa e dall’Irap e chiediamo modifiche serie sul regime dei minimi per tassare solo i redditi effettivamente incassati. 

Altre discrasie riguardano poi la tassa sui rifiuti (Tari). Possibile che le imprese sostengano tutte le incombenze relative allo smaltimento dei rifiuti speciali  e poi debbano nuovamente pagare le imposte sui metriquadri occupati e non sulla quantità e la qualità di rifiuti inviati allo smaltimento ? Questo significa duplicare le tasse ed è qualcosa su cui chiediamo con forza un intervento di modifica urgente.

Stesso discorso vale anche per altri freni alla ripresa, come il reverse charge e lo split payment, che il Governo deve eliminare. Con l’avvio della fatturazione elettronica per chi lavora con la pubblica amministrazione, infatti,  non ha più senso tenere in piedi questi meccanismi che, di fatto, impediscono la compensazione  dell’Iva tra incassi sulle vendite e fatture ai fornitori  e provocano enormi sottrazioni di risorse dalle casse delle imprese (Cna ha calcolato che nel 2015, circa due milioni di imprese che lavorano per la p.a. soffriranno di un ammanco di cassa mensile pari a un miliardo e mezzo  dovuto al mancato incasso dell’Iva) al punto da costringerle a ricorrere alle banche per riequilibrare i conti e restare a galla.

  • L’impresa tipo è un’ impresa individuale che utilizza un laboratorio artigiano di 350 mq ed un negozio destinato alla vendia di 175 mq. Dispone, inoltre, di macchinari, attrezzature, mobili e macchine d’ufficio e di un automezzo per il trasporto conto proprio.

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